DOMENICO GIORGIANTONI

DOMENICO GIORGIANTONI Fabio Pietro Barbaro e Alberto Giacopello, Sezione di Roma

 

Ci ha lasciato l’ultimo dei Garibaldini di Roma e del Lazio. Domenico Giorgiantoni era nato il 28 giugno 1923.

Soldato di leva nel 1943 a 19 anni e mezzo, per un breve periodo nella Divisione “Ferrara” e poi nella Divisione “Venezia”, e infine nella Divisione italiana partigiana “Garibaldi”, nella seconda Brigata, quella del capitano Marchisio. Il suo comandante diretto era il sottotenente Amelio Rafanelli (che finì la carriera militare da Generale dell’Arma), del plotone mortai da 81, che sarà la specialità di Giorgiantoni per tutta la guerra. Stefano Gestro, ne “La Divisione Partigiana Garibaldi. Montenegro 1943-1945”, a pagina 491, scrive: “I mortai da 81 del plotone del tenente Rafanelli, portati a spalla per più di 50 km, vengono lanciati in un burrone per ordine di Zavattaro date le pessime condizioni fisiche dei soldati”. Il tenente Rafanelli – ricorda Zavattaro – “ha le lacrime agli occhi”. Furono giorni durissimi. Molti suoi compagni, raccontava Giorgiantoni, morirono di stenti, di fame, di freddo: più di metà degli effettivi era senza scarpe e senza coperte a oltre 20 gradi sottozero. Anche Domenico ebbe gravi problemi di congelamento ai piedi.

Giorgiantoni fu congedato nel 1946 a Firenze. Gli fu riconosciuta la pensione di ottava categoria di circa 8000 lire al mese che poi successivamente gli venne tolta perché riconosciuta “non più classificabile”. Era stato decorato di Medaglia di Bronzo al Valore Militare e della Medaglia d’onore jugoslava. Quel che stupiva noi che lo frequentavamo era la sua serenità e la sua forza d’animo, che non era indifferenza o passività ma consapevolezza di aver fatto soltanto il proprio dovere.

Partecipò attivamente all’attività della Sezione di Roma, in particolare per molti anni fino al 2012, finché la salute glielo permise, fu l’alfiere del medagliere nazionale. Nelle sfilate del 2 giugno, ritto in piedi sulla camionetta a fianco del glorioso Medagliere, ricordava: “sarà per la camicia rossa garibaldina… quando passiamo vedo che la gente esplode di entusiasmo” e aggiungiamo, spesso, si sentiva urlare “Garibaldi!”.

Era un uomo sereno e modesto, e fiero di essere – sempre – un Garibaldino, in un incontro coi soci Giorgiantoni raccontava: “dopo l’8 settembre la frittata si è rivoltata”; e con orgoglio evidenziava che tutta la sua Divisione, con pochissime eccezioni, aveva scelto di combattere col motto: “morte al fascismo, per la libertà dei popoli”.

Lo ricorderemo con un evento che stiamo preparando.

 

 

 

Il mio ricordo di Domenico Giorgiantoni risale ai primi anni ’90 quando lo conobbi a Roma, in Porta San Pancrazio, e frequentai il suo locale, una trattoria del centro, per diverso tempo. Tra una portata e l’altra mi raccontava della sua avventura nella “Venezia” e poi nella divisione “Garibaldi” con quella semplicità e bonarietà che caratterizzavano il suo modo di fare. Cordiale, ospitale, Giorgiantoni è una figura che non posso dimenticare: autentico garibaldino, amava indossare nelle occasioni importanti la sua smagliante camicia rossa che portava però sempre nel cuore (s.g.)